Fake poster Movie

Avoid the light

100 x 150 cm, acrilico, resina

All’anteprima mondiale di questo film, nell’ambito della rassicurante e un po’ stagnante rassegna di cinema cipriota organizzata a Barco, eravamo pochini, va detto. Tutto il mondo social e non social oggi si interroga sul futuro di una delle più straordinarie cinematografie dell’ultimo decennio. Dopo India e Stati Uniti, infatti, Cipro è la terza industria cinematografica del pianeta, e il dittatore cipriota di fresca nomina Argonapidis ha ribadito proprio ieri, all’inaugurazione della rassegna barchese (frutto un po’ incestuoso di un gemellaggio con il paese di Barcopolidis, volto a promuoverne il reciproco flusso turistico in costante crescita), che del cinema, a lui, personalmente, non gliene frega un cazzo, lo fa solo per fregare soldi al programma Media dell’Unione Europea, prima che il sistema salti per aria e l’isola venga atomicamente bombardata dall’Isis. Parole forti dunque, che non hanno lasciato indifferenti i sonnecchianti cronisti cinematografici delle numerose testate di Barco e provincia. Il film di Nicopolydis (morto suicida dopo averne terminato il montaggio, lasciando sulla moviola un tragico, ultimo bigliettino indirizzato alla donna delle pulizie con scritto “Sono uscito dalla finestra”), è quasi un testamento spirituale, corporale e politico, una metafora sui cupi tempi della Trojka e del debito pubblico. Nel caldo dell’estate Californiana del 1974, Orace (l’italo americano Kevin Maccione, già straordinario in “Cowboy from hell”) decide di abbandonare una promettente carriera da avvocato per dedicarsi allo stupro seriale. Incontra sulla sua strada gli apparentemente innocui sposini Selma (Shanna Lais) e Pat (B. J. Ferragosto), che si riveleranno invece due sanguinari bounty killers, disposti ad ottenere con ogni mezzo lo scalpo del giovane violentatore. La madida fotografia di Don Chiappetta trasuda tutta l’arroganza che pervade la baumaniana società di merda liquida impersonata dalla coppia di bounty killers, e le imperturbabili musiche di Hermes Contapassi contrappuntano con inesorabile cadenza la mattanza che si fa danza, una danza, va detto, che non ne ha mai abbastanza. Come noi, spettatori attoniti, sotto il bigio cielo di Barco.

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